Lungo i sentieri

Lungo i sentieri

1 Stele di Ponte Fandaglia

Qui si ricorda il singolare sacrificio di quattro caduti, sulla cui identità regnò, fin da quei tempi un silenzio penoso: partigiani o civili? Da dove giunsero a Corio? Chi erano? Non si seppero neppure i loro nomi, quindi nessuno potè portare notizie alle famiglie.
Quello che si sa di loro è ben poco, solo le seguenti informazioni in base ad alcune testimonianze.
Il 19 novembre 1944 reparti nazisti, dopo aver effettuato ogni sorta di angheria a Corio e dopo avervi trascorsa la notte, intorno a mezzogiorno lasciarono il paese e fucilarono quattro sconosciuti presso il ponte sul Fandaglia, lasciando poi la valle.
Nelle sue memorie il comandante Picat Re afferma trattarsi di partigiani prigionieri della 77° Brigata, catturati ad Alpette e poi portati a Corio ove sarebbero rimasti prigionieri per alcuni giorni all’albergo della Posta, in via Cavour.
Tuttavia restano forti perplessità circa la loro condizione, specialmente per il loro abbigliamento civile: probabilmente i nazifascisti li usarono per proteggersi la ritirata fino al ponte e poi se ne liberarono.

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Stele di Ponte Fandaglia (550 m)

Denominazione: IGNOTI NEL SACRIFICIO, NOTI NEL RICORDO
Località: SP 22, Ponte Fandaglia, tra Corio e Benne
Accessi: Itinerario WK.10

11 Stele a San Giovanni

Dopo l’eccidio del Cudine del 17 novembre 1944, nello stesso giorno, alcuni nazisti e russi «bianchi» di quel drappello si diressero verso Corio saccheggiando e incendiando una ventina di case nelle borgate attraversate, fino alla Cappella di San Giovanni, ove presumibilmente in un prato sottostante trucidarono Giacomo Davito Moci, 32 anni (Corio 18.6.1912), catturato nonostante fosse minorato.
Scendendo poi a Case Minan uccisero Antonio Bria Berter, 26 anni (Corio 16.7.1918) invalido di guerra e fratello di una staffetta partigiana.
Entrambi erano civili ed entrambi furono trucidati senza motivo alcuno se non per una belluina volontà distruttiva.
Il nome di queste due vittime è ricordato anche su una lapide a Sant’Antonio, poco a valle dei luoghi dell'eccidio, e su un’edicola votiva collocata nei pressi di Case Minan.

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Stele a San Giovanni (930 m)

Denominazione: UNA LUNGA SCIA DI VIOLENZA E SANGUE
Località: Strada Case Gianinet, bosco a valle della cappella di San Giovanni
Accessi: Itinerario WK.03

12 Stele sopra Case Macario

Su questo macigno sono ricordati due combattenti: il frate francescano Eugenio Squizzato, al secolo Ottorino, 28 anni (Piombino Dese, PD 2.8.1915), ex cappellano militare, e il sergente maggiore del Genio di Artiglieria Alberto Ajrò, 27 anni (Lizzano, TA 5.6.1917), uccisi in questo luogo il 15 aprile 1944 in seguito a una triste vicenda che li vide coinvolti.
Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 giunsero a Corio numerosi ufficiali e soldati e fra questi, oltre ai suddetti, anche l'ex aviere Nicola Prospero, che divenne comandante del Gruppo Soglio, poi Battaglione Monzani, impegnato nella storica Battaglia del Soglio (7-8 dicembre 1943).
Il Battaglione era fortemente militarizzato e Prospero gli diede un'impostazione spiccatamente autonoma e refrattaria alle ideologie di partito, il che rese la sua posizione difficile all'interno del quadro resistenziale delle Valli di Lanzo e nei rapporti con il CLN.
Inoltre Prospero si impegnò nel trattare col nemico scambi di prigionieri e anche alcune tregue d'armi, fino a concordare con i tedeschi la creazione di una zona franca di reciproca non aggressione, con scambio, come garanzia, di militari tra le due parti.
Questa trattativa creò una spaccatura nel Battaglione Monzani, poiché andava contro il principio fondante della Resistenza come lotta intransigente e incondizionata al nemico.
Rimangono oscure le circostanze della morte di Nicola Prospero e del suo vice il tenente Rossi, che vennero uccisi, come ignote rimangono quelle dell'esecuzione dei due uomini di loro fiducia, Squizzato e Ajrò, che avvenne in questi boschi sopra Case Macario; una lapide li ricorda anche sulla facciata della chiesetta di Sant'Antonio.
Il Comando militare Valli di Lanzo si assunse la responsabilità della fucilazione per tradimento di Nicola Prospero e dei suoi uomini, che non ebbero poi il riconoscimento della qualifica di partigiano.

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Stele sopra Case Macario (900 m)

Denominazione: UNA TRISTE OSCURA VICENDA
Località: Bosco a monte della frazione Case Macario
Accessi: Itinerario WK.11

13 Lapide Mulino Avvocato

Due lapidi, a monte e a valle del ponte sul Malone al Mulino dell’Avvocato, ricordano due diversi episodi degli ultimi mesi di guerra.
Mario Bertoglio («Cilinder», Robilante, CN 7.7.1924) nel maggio 1944, a soli 19 anni, era entrato a fare parte del distaccamento di polizia partigiana e si era impegnato in molte azioni rischiose. Anche il 6 marzo 1945, quando in questo luogo «Cilinder» incrociò una pattuglia del Battaglione fascista Nembo, salita da Rocca Canavese, non gli mancarono la forza e il coraggio per riuscire a divincolarsi, fuggire ed evitare le raffiche dei parà. Quando fu quasi al sicuro, però, cadde colpito da un unico proiettile alla fronte, sparato dalle mitragliere tedesche piazzate nelle vicine case Abate.
Gli altri sei partigiani ricordati dalla lapide caddero in un successivo episodio, appena 15 giorni prima della Liberazione.
Con la ripresa delle azioni nella primavera del 1945, il Comitato Militare Regionale Piemontese mise a punto i dettagli del Piano E27 da attuare nel momento dell’insurrezione finale: non solo l'occupazione di Torino, ma soprattutto la salvaguardia dalle rappresaglie dei tedeschi in fuga sulle infrastrutture militari, civili e sulle persone.
Il piano andava comunicato alle diverse formazioni partigiane. A Corio doveva essere consegnato da Giuseppe Morino («Mo»), 22 anni (Torino 11.6.1922), emissario del Comitato, agli uomini del Comando II Divisione di Piano Audi, che lo attendevano il 10 aprile 1945 davanti all'osteria prima del ponte.
Qui ci fu però un'imboscata da parte di una pattuglia di una decina di alpini della Monterosa, camuffati da partigiani, che erano giunti da Rocca dove una spia li aveva informati dell'importanza dell'incontro.
Il manipolo apparve all'improvviso e chi li comandava chiese di «Bianco», cioè Antonio Fancellu (Tissi, SS 23.6.1906), maresciallo dei Carabinieri e capo della Polizia Partigiana; quando questi si presentò, la pattuglia fascista immediatamente aprì il fuoco sul gruppo dei 7 partigiani.
Oltre a Morino e a Fancellu furono uccisi Oreste Pajetta («Alberto Galli», Taino VA 1912), Stefano Suppia («Parin», Barbania 16.5.1911), Simone Solunto (Torino 6.11.1913) e Andrea Fassero («Pupilla», Ciriè 30.3.1922).
L'unico sopravvissuto, ferito a un ginocchio, fu Gianni Dolino, commissario politico, che trovò scampo nell'osteria e riuscì a salvare gli ordini segreti dell'insurrezione. La parola d’ordine per l’attuazione del Piano E27 era «Aldo dice 26 x 1»: il piano di insurrezione generale doveva scattare il 26 aprile all’una di notte.

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Lapidi al ponte Mulino dell’Avvocato (650 m)

Denominazione: ALDO DICE «26 x 1»
Località: Ponte sul Malone, frazione Mulino dell’Avvocato
Accessi: Itinerario WK.01

15 Lapide a Case Gamba

Il 17 novembre 1944 in questo luogo due partigiani, Francesco Perino («Bumbunin») e Augusto Cassola («Corillo», Settimo T.se 27.11.1924) portabandiera della 18ª Brigata, risalendo con dei compagni dal capoluogo per raggiungere il Comando a Piano Audi, si imbatterono in un drappello di tedeschi che dai prati posti più in alto, cominciò a sparargli contro.
Il gruppo si sparpagliò e i due rimasero isolati, essendo impossibilitati a correre per via del carico di munizioni il Perino e dei piedi piagati il Cassola, a causa di una lunga missione del giorno precedente.
Cassola fu ferito a una gamba e al ventre e il Perino, avendo cercato inutilmente di trascinarlo fuori tiro, fu costretto ad arrendersi. Mentre i tedeschi scendevano con difficoltà verso di loro, il Perino, scusandosi col compagno intrasportabile, fuggì scomparendo.
Il ferito venne raggiunto dai militari che cercarono inutilmente di strappargli la bandiera della Brigata, tenuta saldamente al petto; allora Cassola venne finito con un colpo alla testa e il corpo, sepolto in un mucchio di foglie, venne bruciato con il lanciafiamme. «Bumbunin» aveva 19 anni.

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Lapide a Case Gamba (850 m)

Denominazione: GLI FU SEPOLCRO LA SUA BANDIERA
Località: Poco dopo Case Gamba, salendo da Corio verso Piano Audi
Accessi: Provinciale per Piano Audi, muro a destra 400 m dopo la frazione Case Gamba. Itinerario WK.01

16 Lapide a Case Talopin

Durante la Resistenza la causa della libertà e della vita si serviva, oltre che nelle azioni di combattimento, anche nelle missioni di ricognizione o di collegamento.
In una di queste ultime erano impegnati il 2 settembre 1944 i due partigiani Genisio Bianco ed Eliseo Fraquelli, che in questo luogo morirono precipitando nel burrone a fianco della carrabile per Piano Audi, sede del Comando della 18ª Brigata Garibaldi, verso cui erano diretti.
I dettagli della vicenda non sono noti ma presumibili: escludendo il terreno innevato, i due uomini potrebbero essere scivolati sull’erta assai scoscesa per nascondersi a un passaggio del nemico sulla strada.

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Lapide a Case Talopin (850 m)

Denominazione: LA MORTE ASPETTAVA OVUNQUE
Località: Al bivio per Case Talopin, salendo da Corio verso Piano Audi
Accessi: Provinciale per Piano Audi, al bivio per Case Talopin. Itinerario WK.01

20 Lapide al colle del Bandito

Dal 15 al 17 novembre del 1944 ebbe luogo la «Battaglia del Bandito», così detta perché avvenne in questa località sulla displuviale fra le valli di Forno e Corio, tra le truppe tedesche situate nella zona di Forno e le brigate partigiane posizionate proprio sopra la frazione La Calma di Corio.
Fu l'ultima grande battaglia della Resistenza nella valle di Corio, l'ultimo rastrellamento con ingente impiego di forze e il più grande sacrificio di vite: 9 partigiani morti solo in questo luogo oltre a 20 feriti, 10 prigionieri e 12 dispersi.
Ma aggiungendo i 27 martiri del Cudine, i 5 civili, un partigiano delle borgate e i 4 ignoti al Ponte Fandaglia, tutti trucidati in quel terribile 17 novembre 1944, si può ben dire che quello fu il giorno più orribile prima dell'aurora liberatoria.
Poiché i tedeschi si prefiggevano di annientare la IV divisione Garibaldi, al mattino del 17 novembre formarono un semicerchio tra Corio, Rocca, Levone, Rivara e Forno per cannoneggiare e attaccare il Colle del Bandito e quindi Piano Audi.
L'attacco iniziò con i mortai che spararono dalla Borgata Milani e con la fanteria che salì dalla Borgata Cimapiasole e da Levone, mentre altre truppe aggirarono la montagna ed avanzarono verso Corio in una manovra di accerchiamento.
La resistenza fu eroica e disperata allo stesso tempo: dopo aspri combattimenti la 77ª Brigata fu costretta a ripiegare attraverso un canalone che sfocia verso Rocca Canavese, i mortai nemici costrinsero la 49ª Brigata a ripiegare verso la frazione La Calma, mentre l'ultima a cedere fu la 47ª Brigata, che lasciò molti caduti prima della ritirata.
I caduti ricordati dalla lapide al Bandito sono:
Livio Actis Perino, 19 anni (Caluso 9.2.1925), 47ª Brigata
Enrico Brugo, 19 anni (Vische 9.7.1925), Comandante 47ª Brigata, Medaglia di bronzo alla memoria
Felice Dondana, 19 anni (Torino 28.1.1924), 47ª Brigata
Celestino Favre, 28 anni (Cuorgnè 16.8.1916), 47ª Brigata
Domenico Mastroianni, 21 anni (Savigliano, CN 10.1923), 47ª Brigata
Giovanni Sereno, 23 anni (Francia 26.5.1921), 47ª Brigata
Giovanni Tubito, 21 anni, (Torino 10.2.1923), 47ª Brigata
Amedeo Sandretto, 35 anni (Varallo, VC 16.9.1909), 77ª Brigata
Giobatta Sandretto, 46 anni (Cuorgnè 24.7.1898), 77ª Brigata

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Lapide al colle del Bandito (1000 m)

Denominazione: LA NOTTE PIÙ NERA PRIMA DELL'AURORA
Località: Sul muro della Cappella del Bandito, nel territorio di Forno Canavese
Accessi: Itinerario WK.21

21 Stele verso Testa Brusà

Questa stele e la lapide più antica posta a poca distanza ricordano il sacrificio di Luigi Borello («Arno»), morto qui a soli 22 anni.
Reduce da incredibili avventure come Alpino nei Balcani, dopo l'armistizio del 8 settembre 1943 si ingaggiò tra i partigiani della libertà, svolgendo i suoi compiti con coraggio.
Il 5 settembre 1944 era appostato tra le rocce sopra il Colle del Bandito, durante il primo giorno di combattimento della sanguinosa «Battaglia del Soglio». Sventato un attacco dei repubblichini, con il suo gruppo uscì allo scopert, ma per errore fu colpito mortalmente dai suoi compagni d’arme.
Una via è dedicata al ricordo di Borello nel paese natale di Front.

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Stele e lapide verso Testa Brusà (1100 m)

Denominazione: DOPO MILLE BATTAGLIE MORIVA DI FUOCO AMICO
Località: Strada di Testa Brusà, Sotto il Belvedere, nel territorio di Rocca Canavese
Accessi: Circa 20 minuti a monte del Colle del Bandito, salendo verso la Testa Brusà. Itinerario WK.09

22 Croce nella pietraia

A una arrugginita scarna croce di ferro e a una lapide con ritratto sbiaditi dal tempo, sperdute in una desolata pietrosa landa di queste montagne, è affidato il silente e tenace ricordo di Bernardo Castagneri («Bruno II», Vauda Inferiore 26.1.1909), maggiore di artiglieria alpina, morto qui a 36 anni.
Dopo l'armistizio del 8 settembre 1943, si arruolò nelle formazioni partigiane, ove si distinse per capacità organizzative, rettitudine morale e coraggio, ed essendo per tutti guida ed esempio fu nominato Capo di Stato Maggiore della 4ª Divisione d'assalto «Garibaldi».
Nell’estate del 1944 un cannone in dotazione al Regio Esercito stazionava su un vagone allo scalo di Ciriè per essere portato al Centro Esperienze di Vauda; con la complicità di un ferroviere fu invece trasportato a Lanzo, da dove un gruppo di partigiani lo portò a spalle, smontato, fino alla Rocca Cornaglia sopra Corio.
La postazione era strategica per l’ampia visuale su tutta la valle, ma soprattutto perché permetteva di tenere sotto controllo il ponte sul Fandaglia, principale accesso a Corio per i mezzi motorizzati. Così Castagneri lasciò il suo posto di Capo di Stato Maggiore per tornare semplice artigliere servendo da solo, allo scoperto, un pezzo con cui riuscì a spezzare lo slancio nemico.
Benché privo di congegni di puntamento, grazie alla sua abilità di esperto artigliere, Castagneri riuscì a controllare l'ingresso alla valle centrando a occhio nudo i mezzi che si affacciavano al ponte sul Fandaglia e rese efficace il cannone anche durante la grande operazione tedesca di rastrellamento del 5-12 settembre 1944, che costrinse i partigiani alla ritirata.
Durante i rastrellamenti i nazifascisti tentarono più volte di raggiungere il cannone per sabotarlo, venendo però ogni volta respinti; ignota resta la fine del cannone, che probabilmente fu distrutto dalle truppe nazifasciste durante quell'ultima azione.
Il 3 marzo 1945, durante la difesa di un'importante postazione partigiana sui pendii del Monte Soglio, Castagneri sparì mentre si disimpegnava dall'attacco del fuoco nazista; il suo corpo venne ritrovato qualche giorno dopo seppellito nella neve, ma le circostanze della morte non furono mai chiarite; mancavano poche settimane alla Liberazione.
Al maggiore Castagneri fu poi conferita la Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.

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Croce e lapide nella pietraia (1400 m)

Denominazione: DOPO MILLE BATTAGLIE MORIVA DI FUOCO AMICO
Località: Pietraia a nord-est della Rocca Perabianca, territorio di Forno Canavese
Accessi: Circa 100 metri più in basso del sentiero di cresta che sale dalla Testa Brusà verso il monte Soglio. Itinerario CR.01

Anche lungo le strade tra le borgate, nei boschi e in alta montagna si possono incontrare steli, targhe e lapidi a ricordo delle vittime della lotta di Liberazione.